Giu 11, 2017 Notizie Centro Prana

L'impossibilità di lasciare andare il passato

Lorella e l'impossibilità di lasciare andare il passato.

Anche di Lorella, come della maggior parte delle persone che arrivano al mio studio, ho fatto conoscenza grazie al “passa parola”, la forma di pubblicità che in assoluto mi ha fruttato di più. Perché è naturale, quando si è ricevuto un beneficio, volerlo condividere con gli altri.
Lorella C., una piacevole signora sessantenne, dal viso che esprimeva sofferenza fisica e emotiva, giunse al Centro Prana nell’autunno del 2001, in preda a una sofferenza estrema alle ginocchia, che quasi le impediva di camminare. Tant’è, che portava con sé un ombrello, anche se il tempo era sereno, asserendo che “in settembre non si sa mai, potrebbe piovere da un momento all’altro.”
In realtà, se ne serviva come di un bastone per appoggiarsi e non sforzare le gambe, troppo orgogliosa per voler ammettere davanti al mondo di essere sofferente.
L’artrosi è un’infiammazione, che tende a divenire degenerativa e cronica, delle articolazioni; queste sono doloranti, deformate, accompagnate da un senso di freddo e da scricchiolio. Sono generalmente la spia di un indurimento del cuore, di un senso di rancore verso qualcuno, talvolta verso la vita, responsabile di non averci dato ciò che avremmo voluto.
Come di consueto, nel colloquio preliminare Lorella mi raccontò la sua storia.
Dopo aver vissuto per più di trent’anni con un marito tirannico, che l’aveva praticamente isolata, impedendole di incontrarsi con i parenti e con le amiche, si era finalmente decisa, due anni prima, a chiedere la separazione, lasciando la casa maritale e trasferendosi in un angusto appartamentino. In quei due anni, i dolori alle articolazioni di cui aveva incominciato a soffrire quando era ancora con il marito, si erano acutizzati fino a renderle dolorosa la deambulazione, costringendola a una vita ritirata e solitaria, quasi peggiore di quella vissuta negli anni di matrimonio. Lorella provava ancora un forte rancore per il marito, che riteneva responsabile di averle rovinato la vita, ma provava un rancore ancora più forte per la madre, che l’aveva spinta a sposare un uomo che non amava. Lei aveva accettato il compromesso in un momento di debolezza, provocato dall’abbandono del fidanzato, al quale era legata da un affetto profondo.
Tutta questa amarezza la spingeva a guardare costantemente al passato, a pensare a “cosa sarebbe successo se…” . Nel frattempo, questo irrigidirsi nel ricordo di ciò che era stato e di ciò che avrebbe potuto essere si era trasformato in rigidità alle ginocchia e alle gambe, che, di fatto, le impediva di andare avanti, di guardare alle opportunità che il futuro le avrebbe potuto riservare, se solo lei fosse stata disponibile a coglierle.
Compresi subito che avrei dovuto lavorare su due fronti. Prima di tutto, era importante eliminare il dolore fisico, per potere permettere a Lorella di svolgere una vita normale, senza che ogni movimento dovesse provocarle uno spasmo. Per questo, un ciclo di dieci sedute fu più che sufficienti.
La vera battaglia, tuttavia, non era con le ginocchia di Lorella, bensì con i suoi pensieri che, di fatto, sabotavano la sua serenità. Ad ogni incontro (dovemmo affrontare due cicli, prima di arrivare a una risoluzione completa), avevo però la soddisfazione di vedere il viso di Lorella sempre meno contratto dalla sofferenza e sempre più sereno; i suoi lineamenti si rivelavano delicati e graziosi, e finalmente l’ombra di un sorriso cominciò, timidamente, a illuminarli. Anche nei suoi discorsi il rancore per il marito e per la madre e il rimpianto per il passato cominciavano a lasciare il posto alla consapevolezza di essere comunque sempre stata lei stessa a decidere della sua vita: sua la responsabilità di aver lasciato il fidanzato, sua quella di aver sposato un uomo che non amava. La madre aveva potuto darle un suggerimento, giusto o sbagliato che fosse, ma di fatto era stata lei a pronunciare il sì che l’aveva incatenata per tanti anni.
Quando eravamo praticamente alla fine del terzo ciclo, Lorella, che ormai camminava speditamente, mi confidò che da qualche mese frequentava, come volontaria, l’associazione della parrocchia vicino a casa sua, e che il suo giro di conoscenze stava allargandosi. In più, si era scoperta la dote di organizzatrice di feste e eventi culturali, per cui le sue giornate non erano più un vuoto deserto colmo di malinconia e di rimpianto, ma si erano trasformate in momenti di gioiosa attività.
Da allora sono passati otto anni, e questa primavera ho avuto la sorpresa di vedermi recapitare un’elegante biglietto: la partecipazione di nozze di Lorella con un coetaneo, vedovo e simpatico.
Le vie dell’energia sono molteplici e stupefacenti, per chi accetta di abbandonarvisi!